Tono dell’umore in peri-, pre- e post-menopausa: l’HRT può migliorare la risposta clinica agli SSRI

Le donne soffrono di depressione molto più degli uomini: secondo dati recenti diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità il 5% della popolazione adulta a livello globale ne è affetta, dato che sale al 6% se si considerano solo le donne adulte (contro il 4% dei maschi adulti). La patologia colpisce due donne per ogni uomo e al mondo.1 Inoltre i dati epidemiologici indicano che circa una donna su 5 va incontro ad almeno un episodio depressivo maggiore nel corso della sua vita.2

Le donne soffrono di depressione molto più degli uomini: secondo dati recenti diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità il 5% della popolazione adulta a livello globale ne è affetta, dato che sale al 6% se si considerano solo le donne adulte (contro il 4% dei maschi adulti). La patologia colpisce due donne per ogni uomo e al mondo.<sup>1</sup> Inoltre i dati epidemiologici indicano che circa una donna su 5 va incontro ad almeno un episodio depressivo maggiore nel corso della sua vita.<sup>2</sup>

Le donne soffrono di depressione molto più degli uomini: secondo dati recenti diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità il 5% della popolazione adulta a livello globale ne è affetta, dato che sale al 6% se si considerano solo le donne adulte (contro il 4% dei maschi adulti). La patologia colpisce due donne per ogni uomo e al mondo.1 Inoltre i dati epidemiologici indicano che circa una donna su 5 va incontro ad almeno un episodio depressivo maggiore nel corso della sua vita.2

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Il ruolo delle gravidanze e della menopausa

Nelle donne la comparsa di depressione – soprattutto in alcuni periodi di transizione caratterizzati da fluttuazioni ormonali come la pubertà, la fase pre-mestruale, il puerperio e la menopausa – ha indotto alcuni esperti a coniare l’espressione “depressione riproduttiva”3. In particolare più del 10% delle donne incinte o che hanno appena partorito sperimentano depressione1 mentre studi longitudinali su donne in peri-, pre- e post-menopausa indicano che alcune mostrano un’elevata sensibilità alle oscillazioni ormonali2.

Diagnosi di depressione nella transizione perimenopausale

La diagnosi di depressione è squisitamente clinica e può avere valore predittivo: ad esempio la presenza di sintomi depressivi in fase pre-mestruale può indicare una maggiore vulnerabilità allo sviluppo di depressione puerperale e postmenopausale. È però durante la transizione perimenopausale che si verifica il picco maggiore di depressione. Un ampio studio longitudinale di coorte condotto negli Usa (SWAN), che ha coinvolto 3.300 donne, ha dimostrato un incremento della depressione di 4 volte durante la transizione menopausale, soprattutto nei casi di menopausa precoce, dopo correzione per i fattori psicosociali e i sintomi vasomotori4. È inoltre dimostrato che i sintomi depressivi sperimentati in peri-menopausa sono spesso più gravi di quelli della pre- e della post-menopausa5: diversi studi hanno suggerito che tra il 45 e il 68% delle donne in peri-menopausa riportano sintomi depressivi elevati contro il 28-31% delle donne in pre-menopausa6.

Il ruolo degli estrogeni e la patogenesi della depressione

La patogenesi della depressione nella peri-, pre- e post-menopausa è verosimilmente multifattoriale. Nonostante siano ancora sparse, esistono prove del ruolo svolto dagli estrogeni nella modulazione dei circuiti nervosi coinvolti nello sviluppo della depressione, e ciò coinvolge i sistemi serotoninergici, noradrenergici e dopaminergici. Del resto l’effetto protettivo degli estrogeni è stato dimostrato nelle malattie neurodegenerative, in particolare nell’Alzheimer e nel Parkinson. È pertanto sensato ipotizzare che durante le diverse fasi della menopausa le fluttuazioni ormonali e la riduzione dei livelli estrogenici abbia un impatto sul sistema nervoso centrale e quindi sulla depressione6.

I sintomi vasomotori e urogenitali impattano negativamente la qualità di vita socio-relazionale e sessuale e di conseguenza il tono dell’umore, ma sarebbe riduttivo considerarli come unico fattore causale di una vera e propria sindrome depressiva. Infatti, non solo le donne con menopausa sintomatica sviluppano depressione.

Alcuni fattori di ordine sociale e relazionale, che si verificano in coincidenza dell’“età di mezzo”, come i figli che vanno a vivere da soli (sindrome del nido vuoto), l’abbandono del partner che cerca una nuova vita con una compagna più giovane, i genitori anziani che necessitano assistenza, spesso con rinunce ai propri progetti di carriera, possono sicuramente contribuire a determinare uno stato d’animo caratterizzato da tristezza, malinconia e senso di vuoto5.

Fattori cognitivi ed emozionali possono instaurare un circolo vizioso tra sintomi fisici e stato d’animo. È dimostrato che le donne con atteggiamento disposizionale negativo verso la menopausa hanno maggiore probabilità di sviluppare sintomi vasomotori, che a loro volta possono peggiorare il tono dell’umore, in quanto conferma che la condizione menopausale è realmente motivo di sofferenza, rinforzando così l’atteggiamento e le cognizioni negative.

Infine, le fluttuazioni dell’umore nella donna riconoscono una base endocrina. Diversi studi confermano l’ipotesi di un ruolo rilevante degli ormoni sessuali femminili, specie nel periodo di transizione perimenopausale, nel determinare gli stati depressivi. Ciò non sorprende se si pensa che recettori per estrogeni e progesterone sono ampiamente rappresentati a livello di diverse aree cerebrali, alcune di esse importanti sedi di decodifica, apprendimento e memoria delle emozioni, come l’ippocampo, l’amigdala, il locus coeruleus, ma anche il cervelletto, l’ipofisi, la corteccia cerebrale, il prosencefalo basale. Inoltre diversi tipologie di neuroni (colinergici, noradrenergici, serotoninergici e dopaminergici) sono sensibili sia agli estrogeni che al progesterone. Le fluttuazioni di estrogeni e progesterone, o la variazione del rapporto estrone/estradiolo, possono essere alla base di un’alterazione della regolazione emozionale o di alcune importanti funzioni neurofisiologiche come il ritmo sonno-veglia, strettamente correlate al tono dell’umore3,7.

Sulla base di queste evidenze è notevolmente aumentato l’interesse dei ginecologi per il benessere psicologico delle donne in menopausa e al potenziale ruolo dell’HRT. Alcuni studi hanno dimostrato che l’HRT può esercitare un beneficio diretto sul tonodell’umore, indipendentemente dal miglioramento dei sintomi vasomotori, nel periodo di transizione perimenopausale5,8.

Altri studi hanno dimostrato un’azione sinergica degli antidepressivi SSRI nelle donne in trattamento con HRT, in termini di maggiore rapidità e consistenza della risposta clinica, a conferma dell’intima relazione di reciprocità tra sistema nervoso centrale e sistema endocrino. Ulteriori studi sono necessari per approfondire questa interessante tematica, anche in merito a eventuali differenze di efficacia a seconda delle diverse vie di somministrazione dell’HRT (transdermica o orale), del tipo di combinazione estro-progestinica (sequenziale o continua), del tipo di progestinico (naturale o di sintesi) o del dosaggio utilizzato8.  

Quali meccanismi si possono ipotizzare alla base delle differenze tra le vie di somministrazione per HRT (orale, TTS) quanto a efficacia sul tono dell’umore?

L’efficacia dell’HRT sullo stato psichico varia in relazione al tipo di preparazione (solo a base di estrogeni-ET o estroprogestinici- EPT), ai suoi componenti (naturali o di sintesi), alla via di somministrazione (orale o transdermica) e alla popolazione a cui è indirizzata. La terapia transdermica sembrerebbe più efficace nel migliorare i disturbi psichici che si manifestano nel periodo perimenopausale (distimia, depressione maggiore, disturbi d’ansia), ma non in quello postmenopausale, mentre è molto controversa l’efficacia della ET orale. Questi dati si basano sull’ipotesi che la sensibilità delle donne agli estrogeni si modifica nel periodo di transizione perimenopausale, di conseguenza i dosaggi vanno inizialmente incrementati, per poi ridurli in post-menopausa. Pertanto è necessario individuare con accuratezza il periodo-finestra durante il quale deve essere incrementata la dose di estrogeni. Non c’è invece un’influenza della EPT sull’umore, indipendentemente dalla via di somministrazione.
Alcuni autori hanno riscontrato un evidente miglioramento di stati depressivi e/o ansiosi dopo 6-12 mesi di trattamento. La EPT transdermica con progesterone sintetico può favorire l’insorgenza di sintomi depressivi, che non si verificano in caso di ET o EPT orale. I disturbi si manifestano nella fase progestinica della terapia, indipendentemente dal dosaggio dell’estrogeno.
Le donne in terapia combinata con dosi più basse di estrogeno (0,625 mg/die) riferiscono un peggioramento dell’umore rispetto alle donne che usano dosaggi doppi.
Le preparazioni sequenziali inducono una deflessione del tono dell’umore sia nel periodo perimenopausale che postmenopausale. Una terapia continuativa-combinata (estradiolo + dienogest) di sei mesi migliora il tono dell’umore in quanto utilizza un progestinico privo di proprietà antiestrogeniche, mentre i progestinici sintetici possiedono un’azione anti-estrogenica che attenua gli effetti benefici dell’estrogeno.

Altri autori hanno riscontrato una maggiore entità di sintomi depressivo-ansiosi nelle donne sia in peri- che post-menopausa che non fanno uso di HRT rispetto alle donne in terapia, indipendentemente dal tipo di progestinico e dalla via di somministrazione.

La somministrazione degli SSRI in associazione all’HRT e l’effetto sinergico che ne deriva potrebbero consentire una riduzione del dosaggio di quest’ultima tale a rendere trascurabili alcuni rischi come quello di carcinoma mammario, che è la causa di timore e rinuncia all’HRT da parte di molte donne? Può essere una strategia valida, anche alla luce di alcune evidenze sull’efficacia degli SSRI sui sintomi vasomotori?

Dal momento che l’ET da sola non può essere prescritta alle donne con utero in sede (per l’aumento del rischio di iperplasia dell’endometrio) e che la EPT ha un’efficacia limitata sui disturbi depressivi in peri- e post-menopausa, si rende necessario valutare il ruolo degli antidepressivi da soli o in combinazione con l’EPT.
Questi farmaci sono efficaci nell’indurre una remissione statisticamente significativa dei disturbi depressivi rispetto alle donne in trattamento solo con EP, mentre le vampate e i disturbi del sonno migliorano in entrambi i gruppi. Gli estrogeni intensificano l’attività serotoninergica e noradrenergica, determinando una diminuzione dei sintomi climaterici.
Pertanto quest’associazione terapeutica deve essere utilizzata per quelle donne che non hanno raggiunto un miglioramento soddisfacente dei disturbi con la sola HRT.

La risposta non è influenzata dal tipo di estrogeno e/o dalla componente progestinica, ma comporta una riduzione del punteggio HDRS (dopo 7 settimane di associazione con SSRI) indipendentemente dal tipo di farmaco utilizzato e dalla presenza o assenza di sintomi climaterici.

Non è ancora chiaro se l’HRT ha un effetto antidepressivo diretto o se potenzia l’efficacia degli SSRI. Le pazienti devono essere controllate nel tempo e la terapia dovrebbe essere personalizzata in base alla fluttuazione dei disturbi. Nel cervello delle donne adulte vi sono numerose zone ricche di recettori per gli estrogeni e per i progestinici, pertanto molti neuroni sono stimolati o inibiti da questi due tipi di ormoni con risposte differenti in relazione ai diversi recettori a cui si legano. In generale, il progesterone esercita una funzione neuropsicologica e neuroprotettiva ed è coinvolto nei meccanismi opioidergici, serotoninergici e colinergici con conseguenti effetti ansiolitici.

Di conseguenza le fluttuazioni degli ormoni determinano alterazioni delle funzioni cerebrali, principalmente sul tono dell’umore e sulla qualità del sonno. Nella peri-menopausa sono efficaci sia la ET che la EPT, associate o meno agli antidepressivi, mentre nella post-menopausa i sintomi rispondono meno alla ET per la ridotta sensibilità cerebrale agli estrogeni. L’effetto della componente progestinica è dubbio. La somministrazione degli SSRI in associazione all’HRT e l’effetto sinergico che ne deriva potrebbero consentire una riduzione del dosaggio di ormoni con conseguente riduzione del rischio di carcinoma mammario, principale causa di timore e rinuncia all’HRT da parte di molte donne.

Inoltre gli SSRI e gli SNRI riducono del 50% i sintomi vasomotori. Anche il testosterone, somministrato sotto forma di gel transdermico o cerotti, potrebbe essere prescritto alle donne che lamentano perdita di energia e riduzione della libido, spesso correlate all’uso inappropriato di antidepressivi. Il testosterone potenzia anche l’effetto benefico degli estrogeni sul tono dell’umore.

Bibliografia

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  4. Vivian-Taylor J, Hickey M. Menopause and depression: is there a link? Maturitas. 2014 Oct;79(2):142-6. doi: 10.1016/j.maturitas.2014.05.014. Epub 2014 Jun 2. PMID: 24951102.
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  6. Maki PM, Kornstein SG, Joffe H, Bromberger JT, Freeman EW, Athappilly G, Bobo WV, Rubin LH, Koleva HK, Cohen LS, Soares CN. Guidelines for the Evaluation and Treatment of Perimenopausal Depression: Summary and Recommendations. J Womens Health (Larchmt). 2019 Feb;28(2):117-134. doi: 10.1089/jwh.2018.27099.mensocrec. Epub 2018 Sep 5. PMID: 30182804.
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